Avevo aperto solo l’acqua calda, mi ero scordata della fredda ed ora la vasca è bollente e lo specchio appannato. Ci ho appena scritto il mio nome bello grosso. Nel frattempo che faccio uscire un po’ di fredda inizio a disegnare una balena sul riflesso della mia faccia. Una balena che ha appena spiccato un volo ed ora è immobile così, sospesa sul mare. Il vapore inizia a scolare, mi infilo nella vasca. Con la testa sott’acqua e il respiro bloccato mi lascio guidare con grande attesa dall’eco delle onde. Non ho più terra intorno, tutta quella calpestata finora è sommersa da un’ infinita distesa color azzurro, nient’ altro che azzurro. Rimango giù per un bel po’, non so quanto, non sto contando il tempo sono allenata. Contarlo mi costringerebbe al limite dello spazio numerico mentre io sto nuotando in mare aperto con una enorme balena sotto di me. Passano minuti, potrebbero essere ore - tempo - che importa! Nuoto insieme a questa enorme balena millenaria dal profilo infantile e mi accorgo che ho delle strane aperture ai lati del torace che mi fanno tirare su col fiato e poi ributtarlo fuori. Hai capito! Sto parlando di tirare su col fiato e poi ributtarlo fuori con la testa nell’azzurro a due passi da una balena! Faccio una prova: inizio a scendere in profondità per vedere fin dove respiro, continuo per metri, che poi diventano km, probabilmente giorni e la balena è sempre lì, ora alle mie spalle. Scendo, inizia a mancare la luce e non riesco ad avere una piena visuale del luogo in cui mi trovo, non riesco a distinguere perfettamente il profilo di ciò che mi circonda ma gli do l’identità di quanto già conosco per non perdere l’orientamento. Ma farò bene? Sono a miglia di profondità e qui non può esserci niente di familiare, di già visto, nulla che mi appartiene. Per alcuni secondi mi strofino gli occhi con i pugni chiusi per liberarli dal sale, sono scesa senza maschera e mi stanno bruciando parecchio, dovrei rallentare. Tolgo i pugni, guardo dritto avanti a me e mi vedo riflessa su qualcosa di lucente che non so cosa sia, non la riconosco. Ho un sussulto! Tiro fuori un urlo di spavento misto a dubbio, a meraviglia, ma rimbalza nell’acqua e come un boomerang mi colpisce in pieno volto. Ahi! Ma così? Mi volto indietro verso la balena per vedere se è ancora con me ma non ce n’è traccia, né canto, non la vedo più e questo mi tiene in assoluta condizione di confusione. Che mi piaccia o no qui ci sono solo io di fronte a un mare di ignoto. Va bene calma! Ho ancora le branchie e sono cresciute e a dire la verità questa nuova consapevolezza di respirare a 20.000 leghe sotto il mare riesce a procurarmi la visuale nitida di cui avevo bisogno. Torno su di me, sulla mia immagine e tra le mille ipotesi che ho nella mente cerco di comprendere l’enorme superficie che la riflette: il relitto di una barca, di un sommergibile, una “sfera”, un tesoro...un ordigno di guerra? Faccio per allontanarmi, per cambiare prospettiva e allora mi appare di nuovo immensa, tutta intera. Ciò che mi riflette è l’enorme occhio di quella balena millenaria dal profilo infantile, sempre più definibile, sempre più familiare, sempre con me. ‘Chi sei?’ gli domando. Cade dal mobile il contenitore dei sali da bagno, esplode in mille pezzi e mi sveglio. Però! Più utile di una sveglia che non avrei sentito. Mi sono addormentata nella vasca una notte intera perdio! Esco di corsa dalla vasca, mi asciugo, mi preparo e sono già in strada. Che strana sensazione, deve essermi venuto il mal di terra perché non riesco a fermare il pavimento e le gambe sembra vadano per conto loro. Dovrei iniziare a ballare per non farlo notare ma in questa parte del mondo, purtroppo, si balla solo di sera. Indosso gli occhiali scuri per proteggere gli occhi ancora arrossati dal vapore, mi siedo in quel bar sulla spiaggia e ordino il mio caffè. Che sogno incredibile ho avuto stanotte e chissà chi era quella balena! Mi sfilo la giacca che inizia a far caldo, la dispongo sulla sedia vuota accanto e poi sbottono anche la camicia che non ne ho ancora abbastanza. Sfioro leggermente il mio torace e sotto le dita scorgo delle strane aperture... -’Oh cazzo!’ esclamo ad alta voce. -’Mi scusi se la disturbo, il suo caffè!’

MOBY DICK